Language and Text
2017. Vol. 4, no. 1, 17–38
doi:10.17759/langt.2017040103
ISSN: 2312-2757 (online)
The evolution of the Italian novel (based on the works of Clorinda Di Fini), part 1
Abstract
The article deals with the evolution of the Italian novel in different literary and historical periods, starting with the epic poem of Antiquity up to the historical novel (“The Betrothed” by Alessandro Manzoni) and the social novel (“The House by the Medlar-Tree” and “Mastro-don Gesualdo” by Giovanni Verga). Based on the works of Italian philologist Clorinda Di Fini, the article shows how the focus of narrative shifts from the fate of the upper classes to the lives of ordinary people in a larger historical context, as well as the author's position in the novel moves towards impersonality and objective reflection on social problems
General Information
Keywords: historical novel, social novel, Alessandro Manzoni, “I Promessi Sposi” (“The Betrothed”), Giovanni Verga, “I Malavoglia (“The House by the Medlar-Tree)”, “Mastro-don Gesualdo”
Journal rubric: World Literature. Textology
Article type: scientific article
DOI: https://doi.org/10.17759/langt.2017040103
For citation: Katorova A.A., Boronenkova Y.S. The evolution of the Italian novel (based on the works of Clorinda Di Fini), part 1 [Elektronnyi resurs]. Âzyk i tekst = Language and Text, 2017. Vol. 4, no. 1, pp. 17–38. DOI: 10.17759/langt.2017040103. (In Russ., аbstr. in Engl.)
Full text
Il romanzo.
Il romanzo e un genere narrative che in Italia si afferma soprattutto nella prima meta dell'800 con il romanzo storico di A. Manzoni I promessi sposi.
Si seguira soprattutto lo sviluppo evolutivo del romanzo italiano, ma, questo genere letterario trova degli antecedenti immediati nel romanzo storico di Walter Scott e lontani addirittura nella poesia epica antica. Infatti il romanzo altro non é che un susseguirsi di vicende legate a un tema centrale con un inizio e una conclusione dove confluiscono le premesse narrative, ideoiogiche ed espressive di chi scrive.
II genere epico, che nell'antichità si espresse in poesia, costituiva per gli antichi il corrispettivo del romanzo moderno, in quanto trattavasi di una serie di canti raccolti attorno a un tema centrale, che nel caso dell'Iliade, fu la guerra di Troia e nell'Odissea il ritomo in patria dell'eroe Ulisse dopo lunghe peregrinazioni.
Naturalmente, nel nostro percorso ci allontaneremo sempre piu dal genere epico in quanto si distingue dal romanzo moderno innanzi tutto per la scelta espressiva. Il romanzo moderno appartiene al genere narrative, l'epos al genere poetico. Tuttavia, pur nella diversità di ispirazione ed espressione, li accomuna I'esigenza di trasferire nella letteratura le istanze e le aspettative spirituali, sociali, morali e ideoiogiche della società che in essi e rappresentata.
L'epos si intreccia con il mito, cioé con il racconto fantastico verso cui l'uomo proietta i suoi sogni di grandezza e di bellezza. Infatti, il mito narra vicende di dei e di eroi che nella poesia epica partecipano a pieno titolo alle vicende umane. Ad esempio, nella guerra di Troia, gli dei sono schierati da una parte e dall'altra, chi con i Greci, chi con i Troiani, e sostangono i loro eroi favorendo ora gli uni ora gli altri. Quindi, gli antichi sentirono pesantemente la presenza di dei nelle vicende umane e intrecciarono la loro vita con quella delle loro divinità, immaginando anche possibili matrimoni tra dei e mortali, da cui sarebbero nati figli con facoltà speciali, i cosiddatti eroi come l'invuinerabile Achille, figlio di Peieo e Teti, e il divino Enea, figlio di Venera a Anchise о i coppieri degli dei Castore a Folluce, figli di Giove e Lada. Naturalmente, date le limitate conoscenze degli antichi, I'epica si deve considerare come I'espandersi della loro fantasia in una dimensions soprannaturale e ideale più vasta della realta in cui vivevano, che però muoveva dalla loro stessa realtà e quindi esprimeva la loro attualità e le istanze del loro tempo[11].
Infatti questo fece dire a Leopardi che gli antichi erano piu attuali dei moderni perché la loro poesia affrontava le loro problematiche, mentre in seguito la poesia si trasformò in un mero esercizio letterario [4].
Per riprendere il discorso sui romanzo moderno continueremo ad esaminare il rapporto che esso continud ad avere nel tempo con I'epica cavalleresca fino al romanzo del '700.
Dopo i poemi omerici, che rispecchiano i vaiori di gioria e di potenza del popolo greco, approdiamo all'epica latina. Essa testimonia attraverso la sensibilita di un autore come Virgilio, rispecchia il fermento spirituale di una societa in transizione che non piu paga delle risposte degli dei pagani alle sue aspettative di verita cerca di coglierla negli affetti umani e nelle doti morali dell'individuo.
Infatti Enea, protagonista del' Eneide, rispecchia quello che deve essere il buon cittadino romano, che Virgilio chiamerà pius, cioe uomo retto, rispettoso delle leggi, dello stato e della famiglia, nonché degli dei. Tuttavia I'accenno agli dei da parte di Virgilio é più un ossequio alla tradizione che non alla sua fede in quanto la sua sensibilità nuova li mette in discussione. Infatti, un'altra sua opera, le bucoliche, in cui si accenna all'avvento di un puer, molti critici vogliono vedere l'annunzio della venuta di Cristo, mentre potrebbe trattarsi di altro, come ad esempio dell'avvento dell'impero di Augusto [7].
II Medioevo inverte gli orizzonti culturali spostando gli interessi dalla terra verso il cielo e, quindi, impegnandosi in un tipo di letteratura che ha come protagonisti i santi о temi di carattere religiose. Ma accanto a queste tematiche c'è un fiorire di canti epici che esaltano una nuova figura umana, quella dei cavalieri della fede. Infatti, proprio dal Medioevo si affermano le famose crociate, dove figli cadetti e capitani di ventura, all'insegna della croce di Cristo, vanno a cercare le loro fortune. Diversi bastimenti partono alla conquista del santo sepolcro, ma nelle varie corti d'Europa i cavalieri di ventura diventano anche difensori delle donne e illustri cortigiani, onde nascerà un tipo di poesia detta trovadorica perché legata alla devozione del cavaliere verso ia bella signora del castello. Nascono nel Medioevo dei veri e propri cicli epici che sono il ciclo bretone, legato alla corte di re Artù, e il ciclo carolingio, legato alla corte di Carlo Magno, che raccontano vicende di cavalieri e di eroi, i quali hanno come valore portante la fede e la donna.
Anche quests cicli rispecchiano la realtà del loro tempo, pur intrecciando storie e fantasie. Ma man mano che ci si allontana dalla soggezione alla fede e alla religione, lo sguardo del letterato si rilvolge nuovamente alla terra e riscopre valori terreni che il Medioevo o, per meglio dire, il Trecento, vede già nascere il Novellino, una raccolta di novelle di anonimo, dove non c'é più l'ossequio alla religione ma un realismo esagerato per il suo tempo, di cui, però, non si intravedeva alcun pentimento dell'autore [4].
Nel Decameron, invece, che é un grande affresco della realtà medievale, si e ancora legati ai valori cortesi, pur nella grande libertà di linguaggio che lo caratterizza. Infatti Boccaccio ama I'uomo e lo coglie in tutti gli aspetti della vita, ma si sente poco riguardoso nei confronti della fede, al punto di voter bruciare la sua opera, che invece e molto apprezzata da Petrarca. Sarà proprio l'umanista Petrarca a scoprire il fascino dei classici antichi e a cercare di coglierne il messaggio per l'uomo. Questo interesse per il mondo classico sarà complete nell'età dell'Umanesimo, in cui c'é un vero ritorno alle humanae litterae. E d'altra parte c'é un rifiuto dell'ipocrisia medievale come si può vedere nei poemi cavallereschi il Morgante e il Margutte, in cui la cavalleria non è più paladina della fede, mа è oggetto di caricatura e di ironia da parte dell'autore.
Ancora nel '500 incontriamo il romanzo cavalleresco scritto con due diversi atteggiamenti: ironico e simbolico il primo, rispettoso della fede il secondo. Infatti, dopo I 'Orlando innamorato dei Boiardo, umanista del' 400, ecco apparire nel' 500 1'Orlando furioso di Ludovico Ariosto e nella seconda metà del' 500 la Gerusalemme liberate di Torquato Tasso. La prima opera costituisce per I'autore un rifugio e una fuga dalla realtà in quanto nel '500 la societa cavalleresca è ormai superata e un ritorno ad essa sarebbe anacronistico se non si facesse con intenzioni particolari. Infatti Ariosto vede nella corte di Carlo Magno gli stessi intrighi e le stesse malvagità della corte dei Gonzafa, di cui lui era al servizio e non potendo esprimere apertamente le sue critiche all'ambiente che lo circonda, lo fa usando la corte di Carlo come metafora della sua realtà. Già in questo romanzo cavalleresco si intravedono intenzioni nascoste che rivelano una nuova funzione della letteratura, più intimista e più soggettiva in quanto l'autore guarda alla cavalleria dalla sua ottica non per renderle omaggio, ma per asservirla ai suoi scopi letterari. Quindi l'epica ariostesca è molto lontana dall'epica celebrativa degli antichi e i protagonisti del romanzo sembrano quasi delle marionette, ossessionati e schiavi delle passioni. In Ariosto possiamo già intravedere un atteggiamento nuovo dell'intellettuale che, mentre serve il suo principe, in segue la liberta, diverso è invece l'atteggiamento del Tasso, che, scrivendo in piena Controriforma, ritorna alle paure religiose e strive la sua opera come ossequio alia fede. L'opera, tra l'altro, è pregevole per la caratterizzazione psicologica dei personaggi che vivono di sentimenti veri a ci trasmettono il sense del dolore, dell'angoscia che nasce dal perenne fluire e dal vanificarsi di tutto ciò che è bello, Quindi l'opera si salva non tanto per le intenzioni dell'autore quanto per la sua abilità di scrittore.
Nel '600 si afferma invece ii meiodramrria, che viene a coincidera con un atteggiamento di totaie asservimento dell'intellettuale alla corte. Sarà, invece, nel’ 700, il cosiddetto secolo dei Lumi, che si affermerà una nuova figura di intellettuale proiettato verso nuovi saperi e soprattutto alla ricerca di nuovi valori da dare alla società. L'Illuminismo è il movimento cultural che caratterizza la seconda metà di questo secolo. Esso ricerca un sapere vagliato alla luce della ragione, cioè un sapere che rinnega la tradizione in quanto portato dei ceti aristocratici per reinventarsi e riscnversi attraverso nuovi strumenti di ricerca.
17-12-1999
Dal punto di vista letterario con l'Illuminismo si affermano nuovi generi che investono i nuovi campi del sapere, ma che hanno come matrice comune l'impegno nel sociale. Infatti, la cultura illuminista italiana vanta nomi come C. Beccaria, autore de Dei delitti e delle реnе, in cui si affronta il tema della giustizia nei riguardi della tortura e pena di morte.
II campo teatrale e il teatro di Goldoni che affronta nuove tematiche sociali ribaitando, attraverso la sua riforma, le vecchie regole del teatro aristocratico e proponendo sulle scene tematiche più vicine alia società emergence, cioè alla borghesia, attraverso un processo di democratizzazione dell'arte.
Con G. Parini, invece, si afferma il genere satirico attraverso la sua opera II giorno, in cui attacca i vizi e i difetti di quel ceto parassitario che è l'aristocrazia di cui pero apprezza i modi garbati e lo stile di vita. Ma il suo impegno è profuso maggiormente nelle odi civili, a cui affida temi come la salubrità dell'aria, la caduta, il pericolo, il bisogno, ecc., sono tutte tematiche attraverso cui l'autore affronta, partendo dalla realtà, problemi di ordine sociale e morale, di cui egli si fa maestro e guida.
L'Alfieri, poi, percorre I'anima romantica che concilia con i suoi piani di libertà pienamente illuministica e con il suo odio verso ogni tirannide. C'è già in Alfieri l'individualismo romantico unito ai valori illuministici. Ma sarà nella prima metà dell' 800 che I'individuaiismo del poeta acquisterà caratteri più democratici per chè il suo impegno letterario diventi uno studio per la società. Infatti, tra gli autori del Romanticismo l'impegno individuale non può dissociarsi dall’impegno sociale. Foscolo incama proprio l'anima preromantica, perchè pur muovendo da esigenze di stile e da scelte prettamante personali cerca di dare delle risposte ai perchè delta vita che interessano l’uomo. Infatti Foscolo vuole raggiungere in letteratura quell' equilibrio di stile che non ha trovato nella sua esistenza, ma allo stesso tempo il suo impegno per la patria, la sua insofferenta condizione di esule e la difficoltà di tutta la sua esistenza, infondo alla sua letteratura carattere morale e sociale nuovo, II suo romanzo Le ultime lettere di Jacopo Ortis racconta in forma epistolare le vicende di un soidato che, vedendo fallire i suoi ideali di amore e di patria, sceglie il suicidio come soluzione al fallimento delle sue illusioni. Nell'opera la tensione morale e ideale è alta, tanto da far pensare a un atteggiamento aristocratico dell'autore, che si distacca dalla plebe vile e ossequiosa, ma in verità nell'opera c'è la voglia di raccontarli attraverso un diario di confessione che ritroveremo più tardi e proprio nel' 900 attraverso il romanzo psicologico e psicanalitico.
Tuttavia, la codificazione del romanzo in sense più ampio e più chiaro si ha con il romanzo storico di Manzoni, anche lui appartiene al Romanticismo, anzi si può considerare l'autore più democratico fra i tre grandi. Egli assolve al suo impegno letterario come un impegno politico, infondendo alle sue opere un carattere sociale che non può prescindere dalla politica e dalla morale [8].
II romanzo è storico perchè ne è protagonista la storia non secondo la visione tradizionale del fare storia, ma secondo una nuova concezione della vita e quindi della storia. Egli colloca in primo piano gli umiti e mette sullo sfondo i potenti, facendo un'operazione democratica in cui il quotidiano di tutte le classi sociali fa la sua parte nella storia e anche se la vicenda è solo verosimile lo sfondo degli eventi narrati ha del riferimenti storici precisi, che sostengono la realtà del' 600.
In Manzoni la narrazione è costituita dal vero storico e dal vero poetico, includendo nel vero poetico tutte le istanze politiche, sociali e morali di quel secolo vagliati dall'autore, che guida il lettore alla sua interpretazione dei fatti. Infatti I'autore è onnisciente e sa bene sin dai primi capitoli a cosa dovrà condurre il lettore. Nella sua opera Manzoni presenta diverse categorie sociali e diverse istituzioni, come la Chiesa, il potere politico di cui sfronda vizi e difetti senza esclusione di colpi. I personaggi, poi, sono caratterizzati con molta finezza psicologica da fame dei veri e propri tipi, che continuano a vivere anche fuori del romanzo, Fra' Cristoforo è il simbolo della Chiesa evangelica, mentre Don Abbondio è il simbolo di una Chiesa arricchita e degradata, il padre provinciale è il simbolo di una chiesa compromessa col potere e il cardinale Borromeo il simbolo di una Chiesa elevata, alta, ma capace di scendere al livello degli umifi per comprenderli e confortarli. La classe dirigante rappresenta un potere vuoto e inutile, incapace di incidere nella società e di estirpare quel саntico sociale che sono i "bravi". La sociatà è oppressa dal sopruso a dalla violenza di pochi, di cui don Rodrigo è un vile rappresentante, Ma la fade religiose dei Manzoni cerca di cogliera il trionfo del suo cristianesimo in personaggi come I'lnnominato, che nel bene e nel male rappresenta I'anima romantica capace di eievazioni sublimi verso 1'assoluto. Quindi, nel romanzo manzoniano I'autore è una grande guida morale e spirituale per il lettore; Manzoni è un poeta-vate, cioè un educatore messaggero di vaiori, in un momento storico in cui fermentavano ideals rivoluzionari e costruttivi della nazione. Il suo romanzo deve servire a infondere il senso della libertà e nello stesso tempo il senso della patria unita da una lingua comune, che Manzoni trova nel fiorentino delle persone colte [1].
Lo sviluppo del romanzo è in tempo reale e serve all'andamento degli eventi secondo un rapporto di causa-effetto. Manca nel romanzo tradizionale quello che sarà originato dal tempo misto, cioè il tempo del racconto ed il tempo della memoria.
II romanzo dei Promessi Sposi ebbe grande successo per i vaiori che conteneva e gli obiettivi che si prefiggeva tanto da diventare ancora oggi un testo valido per le scuole e un modello di bello scrivere. Si spiega così il successo che nell'800 ebbe il genere letterario del romanzo che diede un'altrettanto valida prova di sè con autori come Ippolito Nievo nella Pisana, ma soprattutto con il romanzo sociale di Verga Le caratteristiche del romanzo sociale sono diverse da quelle del romanzo storico perchè diverso e il momento culturale sociale e politico in cui nasce. L'ltalia è già fatta ma le condizioni del sud non sono cambiate anzi la construrizione obbiigatoria che toglie braccia al lavoro delle campagne e sostentamento alle famiglie e le tasse dei beni di prima necessità sempre insostenibili non migliorano le condizioni di indigenza delle piebi meridionali chef tuttavia, nell'ottica verghiana conservano, nonostante tutti valori tradizionali della famiglia e dell'onore. Verga, non è più poeta vate, anzi vuole sparire dalia narrazione nascondendosi dietro le cose e i fatti che devono parlare da sè. Ma inevitabilmente la scelta narrative presuppone una partecipazione dell'autore ai fatti narrati. Verga percio interviene col fatalismo e il determinismo tipico del siciliano scettico e disincantato. Nel Malavogiia non c'è speranza di progresso per chi è povero e tenta la scalata sociale, anzi c'è il rischio di perdersi (secondo l'ideale dell'ostrica)[5].
Tuttavia, la caratteristica principale del romanzo sociale о naturalistico è i'impersonalità. A differenza del romanzo naturalista francese, il romanzo di Verga non ha implicazioni politiche, perchè l'autore non offre soluzioni politiche ai problemi sociali, ma si limita a denunciarli. Anzi la scelta razionalistica delle tematiche costituisce un rastringersi degli orizzonti a degli obiettivi del primo '800 che guardavano a tutta la nazione. Dopo I'unità i problemi socials sono nemersi con maggiore intensità per la difficoltà di uniformarsi alle leggi dello state da parte di ogni singola regione. Si entra in un periodo di crisi e di sfiducia ,che per il sud determinerà la questione meridionale. Cade quindi la tensione ideale che aveva caratterizzato il Risorgimento e nello stesso tempo la fiducia nella scienza e nel progresso che, secondo Verga, soddisfa solo la voracita dei pesci grossi mentre ingoia i pesci piccoli come una fiumana [6].
Pessimismo e fatalismo sono i due poli fra cui si muovono i vinti dei Verga. Nel romanzo di Verga non c'è la tensione psicologica dei romanzo manzoniano perchè i personaggi si vanno facendo da sè man mano che si svolgono le vicende. Ecco perchè i Malavoglia sono considerati una tragedia corale, perchè recitata da un coro di voci; Mastro don Gesualdo, invece, non è più corale, perche la figura del protagonista si impone sulla società che lo circonda ma tuttavia trova il suo alter ego nei pregiudizi sociali e nella iotta di classe che è costretti a sostenere. Tuttavia, la rappresentazione della società è reaiistica come lo era quella manzoniana, anzi possiamo dire di essere in pieno realismo о meglio nel realismo, perchè la realtà resta oggettiva e non è filtrata dall'ottica dell'autore come il Manzoni. Ma questa oggettività e destinata a frantumarsi e scheggiarsi e offuscarsi, perchè la sfiducia nelle istituzioni e nei valori assoluti della vita va via via diminuendo fino a perdersi del tutto [6].
La manifestazione cuiturale che testimonia questa crisi di valori è il Decadentismo.
Decadentismo
II termine stesso sta ad indicare che qualcosa è caduto, che sono venuti a mancare i supporti necessari a cui riferire il senso della vita. Crollati i vaiori romantici della patria e della nazione che avevano sostenuto la prima metà del secolo per lasciare il posto alle certezze positivistiche della scienza e dei progresso, si approssimava un'era nuova di crisi e di sfiducia verso qualsiasi certezza, a causa dei fallimento, soprattutto in Italia, dei programmi politici ed economici della destra e della sinistra. Tuttavia, la crisi esistenziale si ripercuote e si fa sentire in tutti i paesi d'Europa, dove, attraverso l'arte, ia crisi viene espressa in vario modo dagli artisti del tempo. Dal momento che mancano i riferimenti comuni a cui ispirarsi, ogni scrittore sulla base della sua sensibilità e della sua esperienza risponde alla crisi in modo diverso sia nell'atteggiamento di quello stile che nelle scelte dei contenuti. Pascoli col suo ossequio al mistero e all'inconoscibile effonde note di ineffabile delicatezza, ispirandosi al mondo della natura che costituisce per lui un rifugio dai mali della vita e un ritorno al grambo materno. Era un regredire della società verso il nido degli affetti familiari, come un fanciullino che solo sa cogliere nelle cose la lacrima о il sorriso. Infatti egli riesce ad intravedere anche nelle piccole cose le grande cose, nel microcosmo il macrocosmo, doe il vero senso della vita [10].
Il Romanticismo oggettivo: Alessandro Manzoni
Alessandro Manzoni è il maggiore rappresentante del Romanticismo oggettivo (della rappresentazione oggettiva della realta).
Nacque a Milano nel 1785 dal nobile Pietro e da Giulia Beccaria, figlia dell’illuminista lombardo Cesare Beccaria, autore di “Dei delitti e delle реnе”.
La sua prima formazione fu illuminista.
Compi gli studi presso i frati Somaschi e Barnabiti; a questo periodo appartiene il poemetto intitolato il “Trionfo della liberta” del 1801, di gusto montiano, poichè è un opera che denuncia la superstizione cattolica e il dispotismo ed esalta la libertà. Quindi, già in questa prima opera, scritta quando aveva 16 anni, si notano l’ impegno civile e un ideale di poesia legata alia vita e alla verità, caratteristiche queste di tutta la poesia manzoniana.
La sua prima formazione intellettuale fu razionalistica e illuministica, anti-tirannica e anti-clericale, legata alle idee giacobine.
I suoi modelli furono pure il Parini, LAlfieri e il Foscolo, con il quale ebbe rapporti di amicizia. Questi modelli accentuarono nel poeta il legame tra poesia e vita civile. Anchie il contatto con 1’ambiente illuministico e riformistico di Milano, contnbui a stimolare nel Manzoni una poesia rivolta a occuparsi dei problemi concreti della società in senso democratico.
Assai importanti furono anche i suoi legami di amicizia con gli esuli napoletani del 1799, Lomonaco e Cuoco.
Da quest’ultimo apprese la concezione storica del Vico, il quale vedeva la storia come continuo progresso e svolgimento; e apprese inoltre un insegnamento basilare: la libertà non può essere un dono, ma deve essere conquistata dal popolo.
I frutti di questa maturazione sono l’ldillio “Adda”, i “Sermoni”, vivace satira morale, politica e letteraria.
Ma la più importante fra le opere giovanili é “In morte di Carlo Imbonati”, che era l’amante della madre; per questo motive il carme fu ripudiato dal poeta dopo la conversione. L’importanza di quest’opera giovanile risiede nel fatto die essa esprime una poetica che per molti aspetti rimane definitiva, infatti essa proporrà come scopo della poesia il vero, che sarà un vero storico e morale, una poetica espressa anche nel poemetto neoclassico “Urania” del 1809, dove parla dell’incivilimento degli uomini per opera delle arti delle grazie, tenma già svolto dal Monti nella “Musogonia”.
Gli anni che vanno dal 1805 al 1810, quando soggiornò a Parigi, influenzarono molto la sua formazione poetica, perchè lo misero in contalto con la cultura europea.
A Parigi egli frequentò ideologi francesi intenti a completare i principi illuministici con la sensibilità romantica rispettosa delle tradizioni e della storia.
Fu importante soprattutto I’amicizia che egli strinse con lo storico Cloude Furiel, piu anziano di lui di 15 anni, che rafforzò nel Manzoni I’amore ed il rispetto della storia che tanta parte avranno nelle sue opere successive.
Intanto, nel 1808 si sposò con Enrichetta Blondel, di religione calvinista. Il matrimonio fu un'altra esperienza decisiva perchè segno I’inizio del travaglio spirituale del Manzoni, non ateo, ma indifferente al problema religiosa.
Enrichetta a Parigi maturò, attraverso i colloqui con Fabate giansenista Eustachio Degola, la conversipne al cattolieesimo; subito dopo, nel 1810, avvenne la conversione del Manzoni che non fit repentina e subitanea, ma maturata sulle lettura di Pascal, di Massilon, di Bossuet.
La conversione fu un fatto di straordinaria importanza per il Manzoni uorao ed artista.
La fede cattolica infatti fondò saldamente la sua moralità e la sua concezione della letteratura come mezzo di edificazione spirituale e si accompagnò ai suoi antichi ideali illuministici di libertà, uguaglianza, fraternita e giustizia.
Il Manzoni infatti fu un cattolico liberale democratico che contribuì anche se non attivamente al Risorgimento italiano.
Nonostante il suo cattolicesimo fu ostile al potere temporale dei papi e sostenitore dell’idea di Roma come capitale dell’Italia unite.
Ancora più importante fu la battaglia che egli combatté per portare la nostra letteratura a un livello moderno, nazionale e popolare.
Riconoscendo il popolo come protagonista della storia, volle (nelle sue ореrе) interpretame i sentimenti e gli ideali ed educarlo ad acqui stare piena consapevolezza di sé moralmente e politicamente.
La conversione accompagna anche il nascere della grande poesia manzoniana.
Nel 1810 ritornò definitivamente in Italia e scrisse: gli “ Inni sacri” dal 12 al 15, ai quali aggiunse la “Pentecoste” nel ‘22; dal ‘16 al ‘20 scrisse la sua prima tragedia il “Conte di Carmagnola” e poi dal ‘20 al ‘22 Г “Adelchi”; nel ‘21 scrisse le due grandi odi politiche “Marzo 1821” e il “Cinque Maggio” e dal ‘21 iniziò il romanzo storico i “Promessi sposi” [1], [2].
La prima redazione di questo romanzo ebbe il titolo di “Fermo e Lucia” e fu pubblicata nel 1823; poi riprese il romanzo più volte modificando i nomi dei personaggi e le loro caratteristiche fino al ‘27 quando pubblico la seconda edizione con il titolo di “Promessi sposi”. L’ultima redazione del romanzo fu pubblicata nel 1841 quando apportò una decisiva revisione linguistica, accantonando gli arcaismi e i lombardismi e introducendo il fiorentmo parlato dai colti di quel tempo.
Contemporaneamente compose alcuni dei suoi piu importanti scritti morali, storici e di poetica: le “Osservazioni sulla morale cattolica del ‘19 in risposta all’opera di Sismondo de Sismondi e il ’Discorso sopra alcuni punti della storia longobardica in Italia”del 1822 e poi la “Lettera a M. Chauvet” del 1820 e la “Lettera al marchese Cesare d’Azeglio” del 1823.
Le due lettere sono Pespressione della sua adesione ai principi roman tici.
Dopo il 1827 finì il suo grande periodo ereativo, limitandosi alia correzione del romanzo e alia composizione delle opere storiche quali la “Storia della colonna inlame” del ‘42, il “Saggio sulla rivoluzione francese del 1789 e la rivoluzione italiana del 1859” ; delle opere filosofico-letterarie come il “Discorso sul Romanzo storico”.
In questi anni il poeta oltre ad accusare problemi di salute, soffrì anche gravi sventure, la morte della moglie nel 1833 e quella dei sei figli, e nel ‘61 la morte della sua seconda moglie, Teresa Stampa.
Nel ‘61 fu nominato senatore del Regno d’ltalia e morì a Milano nel 1873 all’età di 88 anni.
La poetica del Manzoni
Nelle due lettere a M Chauvet del ‘20 e quella al marchese Cesare d’Azeglio del 1823 Manzoni annuncia chiaramente la sua poetica: la poesia deve proporsi il vero per oggetto (si tratta del vero storico e vero morale). L’utile per scopo (la poesia deve avere come scopo l’edificazione morale e civile del lettore) e l’interessante per mezzo (contenuto e linguaggio moderni per un pubblico moderno).
La sua profonda fede cristiana e la sua cultura romantica lo inducono a pensare che vera fonte di poesia è il vero, distinto in naturale e storico, anche se il secondo condone il primo (storia e morale sono cioe la stessa cosa) perchè, poichè nella storia l’uomo esprime la sua “natura” legata alia rivelazione cristiana che è la vera essenza dell’uomo.
L’aspelto più interessante è la distinzione tra il vero poetico e il vero storico: lo storico deve attenersi ai fatti cosi come sono, ordinandoli cronologicamente; il poeta invece deve introdurre delle invenzioni purchè siano in armonia con i fatti stone i, perciò deve parlare della
psicologia degli uomini, dei loro pensieri, dei loro desideri e non deve solo guardare le vittorie, ma anche le sconfitte di un popolo.
Le tragedie e la sua concezione delta tragedia
La poetica tragica del Manzoni è esposta nella left era al critico francese Vittorio Chauvet, che pur apprezzando il “Conte di Camlagnola,,, aveva lamentato che non fosse stata concepita secondo le unità aristoteliche di tempo e di luogo, osservate dalla tragedia classicistiea sia in Francia, sia in Italia, come mostrano gli esempi del Monti e del Foscolo.
Il Manzoni rigetta le accuse appoggiando le leone di Slegliel e di altri romantici, e seguendo soprattutto 1’esempio di Shekespeare e del tedesco Sheller.
Egli dimostra die quelle regole (cioè la scena deve essere fissa per tutta l'opera che deve durare 24 ore о al massimo 36 ore) sono assurde, perchè impediscono una rappresentazione adeguata al vero storico.
Nelle due tragedie domina la rappresentazione del vero storico, rappresenta cioè l’agire e l’animo del’uomo, la miseria e la grandezza, il contrasto fra la sua tentazione al male e il suo bisogno di Dio.
Il contrasto tragico nasce dalla contrapposizione di due tipi di personaggi: da un lato si trovano gli uomini soggetti alia dura legge della politica e della ragione di State, coloro che accettano la violenza, rinnegano il messaggio cristiano di fratemità in nome di un effimero trionfo terrene; dall’altra le anime nobili e pure ina sconfitte perchè invano tentano di far trionfare il bene nel mondo.
Esse tuttavia ritrovano nel la morte cristiana una grandezza più vera perche eterna.
Si è detto per questo che nelle tragedie il Manzoni ha una visione pessimistica poichè la storia appare dominata dal male e la Provvidenza interviene solo al momento della morte.
Soltanto nei “Promessi sposi” approderà ad una visione più serena avvertendo il costante intervento della Provvidenza nel mondo.
II “Conte di Camiagnola” mette to in scena a la vicenda di un capitano di ventura del XV secolo, Francesco Bussone detto ‘il Camiagnola' dal suo paese natale in Piemonte. Egli era stato al servizio di Filippo Visconti del quale aveva sposato la figlia. Dopo, in seguito ad un dissidio con il duca di Milano passa al servizio di Venezia allora in guerra con i Visconti, ma sospettato di tradimento dai Veneziani fu processato e decapitate nel 1432.
Il Manzoni si convinse che il conte fosse innocente e allora la tragedia è impemiata sull’ ingiusta condanna e sul contrasto fra la lealtà del conte e la politica astuta e cinica di Venezia che in nome della ragion di Stato è pronta a calpestare la vita e la dignità di un uomo.
L’ “Adelchi”, composta tra il ‘20 e il ‘22 doveva rappresentare come il “Conte di Camiagnola” una riflessione sulle cause delle sventure dell’Italia nel periodo del Manzoni. E’ ambientata nell’VIII secolo quando avvenne il crollo della dinastia longobardica con il quale era svanita la possibilità di uno Stato italiano indipendente e unitario.
Ma ulteriori studi storici e soprattutto il “Discorso sopra alcuni punti della storia longobardica in Italia” convinsero il Manzoni che i Longobardi erano rimasti sempre degli oppressori feroci e crudeli, sicchè il Papa chiede aiuto ai Franchi di Carlo Magno.
Tema di fondo è il dramma di Desiderio, re dei Longobardi, sconfitto da Carlo Magno. Vi sono intrecciati il dramma di Ermengarda che dalle felicità passa al ripudio; di Adelchi, ostile alla guerra, ma che combatte per amore del padre e del popolo italiano che rimarrà oppresso.
Anche qui dunque i personaggi appartengono a due monti diversi: da un lato i potenti, legati al loro desiderio di dominio e di potere, dall’altra i portatori del messaggio cristiano, destinati a soccombere nelfurto contro la realtà ostile.
Al mondo dei primi appartengono i grandi vinti, Adelchi e Ermengarda, che soltanto nella morte trovano pace, serenita e felicità.
Le tragedie si basano così su una pessimistica concezione della storia non disperata perchè Dio esiste sempre anche se lontano e interviene solo alla fine.
Particolarmente importanti sono i cori delle tragedie, i cosidetti “cantucci” del’ autore, chiamati cosi proprio perchè l’autore si ritaglia un vero e proprio cantuccio dove esprimere le sue considerazioni morali, religiose e psicologiche in prima persona.
Caso esempiare è il coro del quarto atto dell’ “Adelchi”.
Gli “Inni sacri”
Dope la conversione il Manzoni ripudiò i suoi scritti precedenti, per iniziare con gli “Inni sacri” un nuovo modo di poesia, in cui anticipava i capisaldi della sua poetica: poichè la materia era vera in quanto cantava i misteri della fede cristiana, sostituiva la mitologia classica e pagana con quel la cristiana.
Egli progettò di comporre dodici inni che cantassero le festività maggiori del calendario liturgico, ma ne compose solo cinque: i primi quattro, la “Resurrezione”, “11 nome di Maria”, “11 Natale”, “La passione”, fra il 12 e il 15, Г ultimo, la “Pentecoste” nel 22.
Invece “Il Natale” e Г “Ognissanti” rimasero solo dei frammenti.
La struttura degli inni è costante, è composta dalla descrizione del mistico evento, dall’episodio centrale e dal commento morale delie festività che celebra.
Gli “Inni sacri” sono una lirica nuova, oggettiva e corale.
In essi infatti il Manzoni non rappresenta un’esperienza individuale, non allude ai momenti della sua conversione, ma esprime una preghiera.
'Nonostante la novità del contenuto la lingua ancora non ha quel carattere rivoluzionario che invece avrà nel Romanzo, poichè il poeta accetta la lingua tradizionale se pure svincolata dalla mitologia [3].
“Le odi”
II Manzoni fu uno dei pin convinti sostenitori del’unità e dell’indipendenza d’ltalia; questo tema politico è strettamente legato nella sua poesia alla sua moralità: la libertà d’ Italia è vista come im fatto voluto da Dio, in nome della giustizia, dell’uguaglianza e della fratemità.
Il tal modo egli fonde la sua fede cristiana quelle sue posizioni liberali democratiche e anticlericali.
Già nella canzone “Aprile 1814” il Manzoni esprimeva, dopo la caduta di Napoleone, la speranza che il Regno Italico rimanesse Stato unitario e indipendente.
Ma fu speranza vana perchè poco dopo la composizione di questa poesia, il 28 Aprile 1814 gli Austriaci si impossessavano del Veneto e della Lombardia.
“Il Proclama di Rimini” è la seconda canzone patriottica, che il Manzoni comincia a comporre nel 1815; si tratta dell’entusiastica risposta al proclama pubblicato a Rimini da Gioacchino Murat, die invitava gli Italiani a combattere con lui per ottenere la libertà e l’indipendenza.
Ma la canzone rimase interrotta in seguito alia sconfitta del Murat a Tolentino.
Assai piu notevoli di queste due canzoni per maturità e intensità politica sono: “Marzo 1821” e il “Cinque Maggio”.
La prima ode fu scritta in occasione dei moti carbonari piemontesi del ’21, quando sembrò che Carlo Alberto fosse sul punto di passare il Ticino e liberare la Lombardia dal dominio austriaco.
Il Manzoni nell’ode finge che questo passaggio sia già avvenuto ed esalta l’unità, la libertà dell’Italia.
L’ode però, a causa dell’infelice esito dei moti, fu pubblicata soltanto nel ’48, dopo le cinque giornate, con la dedica al poeta e soldato tedesco Teodoro Koerner, morto per 1’indipendenza gemianica nel la battagiia di Lipsia. L’ode è un canto di fede nella libertà e indipendenza della patria; il Manzoni esprime il suo ideale unitario, fondato sull’unità di lingua, di religione e di tradizioni.
Altrettanto importante è la dedica al poeta tedesco che si rivela una condanna rivolta agli stranieri poichè esprime il diritto di ogni popolo ad avere una patria libera e unita, diritto proclamato dai tedeschi quando erano oppressi da Napoleone.
L’altra grande ode del Manzoni ispirata alia figura di Napoleone è la più alta riflessione del poeta sulla storia e sul destine delLuomo prima della “Pentecoste”.
Scritta in tre giorni è una grandiosa rievocazione della vicenda di Napoleone, vista alla luce della Provvidenza cristiana.
Questo è il vero centra lirico del Г ode che si articola in tre momenti.
Dapprima il poeta riconosce che dietro la grandiosa vicenda napoleonica c’è il piano provvidenziale. Segue poi la rievocazione del suo destino di grandezza e di sconfitta: dotato di mirabile ingegno, Napoleone fu arbitro di due secoli, da un mare all’altro egli estese la sua potenza e provò che cosa siano vittoria e sconfitta, gloria ed esilio.
Infine il poeta vede fuomo Napoleone, solo e abbattuto a Sant Elena ed evoca il suo ultimo colloquio con Dio, la sua rigenerazione attraverso la speranza cristiana
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