Casts, Quotes, Parodies: the Italian Reception of Fyodor Mikhailovich Dostoevsky's Work

82

Abstract

This article aims to provide a preliminary picture on the complex phenomenon of the reception of the work of F. M Dostoevsky in Italy starting from the diffusion of the first translations of the novels. Dostoevsky was not well received by the first critics and writers who criticized its style, excess morbidity and “drama”. He was considered a writer excessively related to the disturbances of the human soul, and in this regard the label of “psychologism”was used. Beyond this apparent negativity, the writers who were influenced and who admitted openly to consider Dostoevsky's not only a teacher of writing, but also an inexhaustible source of ideas and suggestions to delineate the characters of the novels were so many of them and go through all the panorama of the literature of the last twenty years of the Nineteenth century and throughout the Twentieth century: D'annunzio, Oriani, Moravia, Gadda, Tozzi, Sciascia, Landolfi, Piovene. Each of them declines a particular aspect of Dostoevskij’s poetics, using quotes, casts, parodies or real rewrites of the Dostoevsky text.

General Information

Keywords: F.M. Dostoevskij, Italian reception of Russian literature, Literary criticism

Journal rubric: World Literature. Textology

Article type: scientific article

DOI: https://doi.org/10.17759/langt.2021080203

Received: 01.05.2021

Accepted:

For citation: Nocera A. Casts, Quotes, Parodies: the Italian Reception of Fyodor Mikhailovich Dostoevsky's Work [Elektronnyi resurs]. Âzyk i tekst = Language and Text, 2021. Vol. 8, no. 2, pp. 28–40. DOI: 10.17759/langt.2021080203.

Full text

 
 

Il mio articolo e incentrato sulla ricezione di Dostoevskij in Italia dall’ ingresso della prima opera dostoevskiana in Italia risalente all’ ultimo quindicennio dell’Ottocento fino all’eredita novecentesca.

In questo vasto panorama figura di F.M. Dostoevskij ha lasciato un segno, una traccia o in alcuni casi una vera e propria eredita di pensiero, di stile.

Va pero prima inquadrato il clima generale entro il quale il romanzo dostoevskiano ha trovato accoglimento e le varie posizioni critiche che ne scaturirono. Questa premessa si basa su un atteggiamento diffuso verso ‘l’arma affilata’ dello scrittore russo , e cioe quella capacita insuperabile di scandagliare la mente, la psiche, l’animo; essa fu in prima istanza racchiusa nella formula di “psicologismo” nei primi critici italiani di Dostoevskij; l’eccesso di attenzione ai furori della mente fu in un certo senso la colpe o il difetto stilistico prevalente imputato a Dostoevskij quando questi si affaccio nel panorama italiano dal 1889 in traduzione, o piu spesso in francese, con Delitto e castigo e con Umiliati e Offesi con il titolo originario di Colombe e falchi. [3]

Si rimproverava a Dostoevskij la mancanza di “arte” a discapito di un eccesso di dramma interiore. A cio si aggiungeva il fatto che il nome di Dostoevskij veniva associato al nome di Tolstoj, suo rivale letterario per eccellenza. Per inciso, la disputa tra Tolstoj e Dostoevskij e diventata una sorta di paragone obbligato, probabilmente per il fatto che i due scrittori abbiano rappresentato in maniera compiuta due poetiche e due visioni del mondo, diverse eppure complementari, come ha puntualmente analizzato Steiner nel saggio Tolstoj o Dostoevskij. [11]

Non tutti pensarono che gli eccessi dostoevskiani andassero per cosi dire stigmatizzati e cio vale sia per i critici che per gli scrittori. La figura di Dostoevskij venne accolta con due atteggiamenti e propositi diversi. Si e configurato uno spartiacque tra coloro i quali mutuarono da Dostoevskij personaggi e trame, facendone in determinati casi un calco, una parodia e coloro i quali invece interpretarono il senso piu alto della scrittura dostoevskiana e penetrarono piu a fondo, attingendo a quegli abissi dello scavo psicologico e della metafisica dostoevskiana che si possono rintracciare, in maniera piu o meno manifesta, nei personaggi e nelle rispettive poetiche.

Complessivamente questa folta schiera comprende scrittori come D’annunzio, Oriani, Pirandello, Deledda, Gadda, Landolfi, Tozzi, Soldati, Moravia, Piovene, Sciascia, ciascuno di questi autori sviluppa un tema o un aspetto del vasto mondo dostoevskiano e lo declina all’interno di una particolare sensibilita, ma mantenendo una originalita e una specificita del tutto propria, senza una diretta citazione.

Il capofila e D’annunzio che nel racconto Giovanni Episcopo riproduce quasi fedelmente la trama della Mite, un racconto che Dostoevskij scrisse nel 1876.

La storia originale e quella di una giovane donna definita mite per natura e che effettivamente incarna la tipica giovane donna sprovveduta che sgrana gli occhi, arrossisce, che applica tutto quel corredo di azioni di schermo che denotavano una tipologia ben precisa di giovane fanciulla del romanzo ottocentesco. Ad ogni modo, la ragazza, ragazzina diremmo oggi visto che aveva sedici anni, a causa di ristrettezze economiche si trova ad accettare la proposta di matrimonio di un maturo signore che ha un banco di pegni e che ben presto si rivela un aguzzino psicologico, in special modo durante la vita matrimoniale.

La donna attua una vera e propria trasformazione mostrando un fondo ribelle e selvaggio. L’irruzione di questo fondo, sollecitato dal vivere accanto a un uomo che lei nel profondo disprezza ma di cui ha anche pieta, la porta ad una febbre nervosa che esita nel suicidio finale. La frase che conclude il racconto ci da la misura di quanto questo racconto abbia mostrato piu di quello che e esplicitamente detto nel testo e di quel tipo di psicologia che Rend Girard ha subito collocato nella zona del sottosuolo, [4] cioe in quelle regioni della psiche dove si consuma il dramma del dissidio interiore piu violento, quello che gli uomini dostoevskiani combattono soprattutto contro loro stessi: la scena iniziale ci da immediatamente il senso di questa corpo a corpo con se stessi, di quella macerazione interiore che ha in un certo senso mollato il legame con gli eventi esterni e li ha assorbiti nella coscienza che diventa autocoscienza interrogante:

“Continuo a vagare per la stanza, tentando di darmi una spiegazione. Ormai sono sei ore che tento una spiegazione, ma non riesco ancora a mettere a punto i miei pensieri. Cio succede perchd cammino in continuazione, cammino...E accaduto cosi . Raccontero semplicemente seguendo un ordine (Ordine!)” [5]

Ecco, Dostoevskij quindi non parla di suicidio ma inizia il racconto con un incipit geniale cioe con la sua fine, in cui viene presentata la salma della donna morta. (una trama circolare che rompe gli schemi della novella classica e che avra poi molta fortuna nel Novecento).

Se andiamo a leggere l’incipit di Giovanni Episcopo di D’annunzio, comprendiamo immediatamente quanto questo racconto sia stato scritto con la squadretta e con un occhio fisso al racconto dostoevskiano: c’e un impiegato che sposa una donna prima docile poi sempre piu scostante, poi la gelosia verso un probabile rivale e poi l’esito finale che e fondamentalmente un delitto passionale, a scapito di Wanzer, suo amico che irrompe nella sua vita come antagonista diretto (un modulo tipico della prosa di D’annunzio questo, e che si ritrova nel Piacere). Questo esempio mostra che e soprattutto la trama e quel modo di procedere dostoevskiano per lampi e baleni ad essere stato acquisito come dato formale. La prosa del Giovanni Episcopo e piena di interiettivi, esclamazioni, interrogativi, puntini di sospensioni, cioe tutti accorgimenti retorici che servono per mimare la tensione dostoevskiana. Altrove, ad esempio nel Poema paradisiaco e presente una citazione posta in epigrafe a una lirica in cui Atesa Karamazov risponde alla professione di ateismo del fratello Ivan e in un certo senso lo stile del Notturno con i suoi balenii, riferimenti onirici, ombre sembra debitore di una certa atmosfera allucinatoria dei personaggi del doppio.

In ambiente verista sembra che Capuana abbia letto, ormai avanti negli anni, La mite ma che non ne abbia tratto nulla se non qualche sparuta citazione nella figura dell’amante serva nel Marchese di Roccaverdina .

Altro caso e quello di Alfredo Oriani uno scrittore annoverato indebitamente tra i minori formatosi sempre nell’ambiente verista e segnatamente di quel verismo che ancora risente di qualche eco tardoromantica, autore di romanzi come il Vortice ( 1899) e Olocausto (1902) . Questi ultimi due riprendono un tema interessante della poetica di Dostoevskij: il sogno anticipatore o sogno razionale/irrazionale , una sorta di stato a meta tra stato di veglia e stato di coscienza. In vari episodi l’autore prende in prestito le situazioni entro cui si attua questa forma di sogno allucinatorio. [8]

L’episodio maestro e quello descritto in Delitto e Castigo quando a un certo punto Raskol’nikov sogna la cavallina frustata negli occhi dal muzik, dal contadino. Chiaramente, in Dostoevskij l’intersezione tra il mondo cosciente e quello dell’inconscio e legata al dissidio interiore. Nel caso di Raskol’nikov coincide con l’elaborazione del delitto perpetrato nei confronti dell’usuraia. In questo caso il sogno della cavallina e anche giocato sulla metafora della sofferenza innocente. [8]

In Oriani, l’episodio viene citato nel romanzo quando il protagonista di Vortice, prossimo suicida vede la birocca, (veicolo da traino) che in russo e la troika, riempita di roba e tremante per il peso di cui e stata caricata. Altrove, nel romanzo Olocausto in cui una giovane prostituta e ricorda Son’ja Marmeladova di Delitto e Castigo in una figura che ricalca formalmente il carattere ma senza entrare in merito alla funzione salvifica e cristologica di Son’ja. [1], [12].

Altro caso emblematico e quello di Pirandello: oltre a sporadiche citazioni sparse in alcune opere minori, e nei romanzi che si sviluppa uno dei nodi fondamentali della poetica di Dostoevskij cioe quello del doppio, dello sdoppiamento.

Ne Il fu Mattia Pascal a stampa nel 1904, si profila la differenza sostanziale tra l’approccio psicologico di Pirandello e quello di Dostoevskij. Differenza sostanziale, se pensiamo a tutti i personaggi doppi in Dostoevskij dall’uomo del sottosuolo a Ivan Karamazov che sperimenta la forma piu radicale di sdoppiamento, cioe quella che si concretizza nel dialogo con il diavolo, fino chiaramente al doppio per eccellenza cioe l’impiegato Goliadkin nel racconto Il sosia, seconda prova letteraria di Dostoevskij scritta nel 1846 e che gli costo il dileggio della critica della scuola naturale di Belinskij.

In effetti dopo Gogol’ e i racconti Il naso e il Cappotto, Ilsosia sembra essere il completamento di un percorso che porta ad estreme conseguenze 1’idea che possa esserci una vita cosciente che straborda e che vacilla di fronte al reale. L’idea cardine e che ogni uomo e fondamentalmente un mistero insondabile e non puo essere preso alla lettera come interprete di un mondo che sfugge sotto ai piedi: e questo e l’impiegato Goljadkin che incomincia a maturare dentro di se un senso sempre piu crescente di alienazione nei confronti dei suoi colleghi e poi, allargando il cerchio, nei confronti di tutti coloro che lo circondano. Goljadkin entra all’interno di una spirale folle in cui egli si sente inferiore                agli                altri,                un                 meschino,                un verme.

Questo autoannullamento diventa una sorta di suicidio morale che da luogo all’apparizione di un secondo “io” Goliadkin junior con cui Goljadkin senjor convivera intrattenendosi in un dialogo fatto di contrappunti, tirate amichevoli, colpetti sulla spalla ma anche stoccate violente. Ecco come Dostoevskij ci mostra, in un passo di incredibile equilibrio tra ironia e incredulita, l’incontro la presa di coscienza di Goliadkin nei confronti del suo doppio:

“Tutt’ a un tratto il signor Goljadkin tacque, resto di sasso, si mise a tremare come una foglia e per un attimo chiuse persino gli occhi. Ma poi, nella speranza che l’oggetto del suo terrore fosse soltanto un’allucinazione, si risolse finalmente a riaprirli e a gettare una timorosa occhiatina alla sua destra. Ma no, non era un’allucinazione! [...] per giunta,colmo dei colmi, anche il cappotto di quell’altro erano perfettamente identici ai suoi, come se li avesse tolti il Signor Goljadkin.” [4]

Questo passo fa comprendere di quali e quante sfumature fosse increspato il realismo russo e come quello dostoevskiano fosse talmente “moderno” nella sua essenza.

Lo sdoppiamento e il signum individuationis dell’uomo del sottosuolo. Questo tipo e il germe, l’ovulo dell’uomo moderno; lo e tanto da disturbare i fautori della scuola naturale in Russia e fare storcere il naso in Italia i seguaci della classicita e della misura , della scuola del vero.

Il paragone con Pirandello risulta molto interessante: il pensiero pirandelliano e figlio di un’impostazione raziocinante all’interno della quale l’elemento del doppio e della alienazione dalla propria vita borghese-che rivive nelle vesti di Adriano Meis- si rivela alla fine un sogno impossibile da vivere fino alle estreme conseguenze. In quanto sogno di fuga, viene per cosi dire riassorbito e digerito dal distacco e dall’ironia che e pur sempre un atto di ritorno alla ragione, all’ordine. Mattia accetta di essere quel “fu” e la crisi di identita viene risolta nell’ amarezza del riso amaro. Non e un caso che il saggio L ’umorismo, di quattro anni sia successivo, sia dedicato “ alla buona anima di Mattia Pascal.”

Quindi mentre Pirandello in Avvertenza sugli scrupoli della fantasia del 1921 diceva “le assurdita della vita non hanno bisogno di parer verosimili, perchd sono vere”, Dostoevskij invece si era spinto oltre cercando l’uomo nell’uomo e questo attraverso l’idea. Altrove chiarisce la natura del suo realismo Dostoevskij affermando che si tratta di un realismo di natura superiore, non di natura psicologica ma tutto proiettato all’interno delle profondita dell’animo umano, cioe inteso a cogliere anche le questioni metafisiche delle azioni esteriori.

Mi sembra interessante a questo punto notare come il primo Novecento per ragioni di cambio del paradigma teorico, si sia accostato con piu familiarita all’opera di Dostoevskij nonostante Soffici e altri vociani si espressero in termini fortemente negativo liquidando Tolstoj e Dostoevskij come mediocrita.

Tuttavia, la lezione di questi due giganti era ampiamente penetrata e diede i suoi frutti interessanti in un autore che per importanza e accostabile a Pirandello e Svevo e cioe Federigo Tozzi, un vociano atipico che ha portato la poetica del frammento a un livello espressivo di grande potenza, rimarcando apertamente il suo debito ad autori come Verga e soprattutto Dostoevskij.

Federigo Tozzi nasce a Siena, vive in un ambiente rurale alle porte della citta dove il padre amministrava due poderi. La sua immaginazione viene scolpita da questo ambiente fatto di contadini, lavoro duro e un padre dispotico. Questo dato biografico e interessante perche da solo varrebbe ad affratellarlo con Dostoevskij: sembra che il padre sia stato ugualmente dispotico e che all’eta di dieci anni Fёdor insieme alla famiglia si trasferi in una tenuta acquistata dal padre e li visse parte della sua infanzia. In un certo senso, anche la sua immaginazione si plasmo al contatto con quel mondo contadino e con la figura del muzik, piuttosto ricorrente nella prosa di Dostoevskij e precisamente in degli episodi legati a incubi e allucinazioni.

Al contempo la figura del contadino e quel mondo rurale incarnano un tipo di bonta spirituale tutta russa e legata all’ideale del potcvennicesstvo che in italiano e traducibile con “ideologia terragna”. Puo essere considerata a grandi linee una sorta di assunto dal sapore verista che in qualche modo lega l’identita dell’uomo al luogo in cui ha vissuto e che ne ha condizionato la vita e il vissuto. Per Dostoevskij tale radicamento dell’uomo e in particolare dell’uomo russo al suolo (pocva) e fondamentale affinche egli sviluppo un amore autentico alla sua terra, ai problemi e alle circostanze umane e sociali che all’interno si sviluppano. In tal senso questo concetto puo essere anche accostato a quello di populismo.

Anche in Tozzi questa territorialita e molto sentita e gli uomini e le donne dei suoi romanzi si muovono all’interno di determinati schemi che ricalcano la vita dei campi e le logiche di dominio e sopraffazioni che si instauravano ad esempio tra padroni e contadini. E nel romanzo Con gli occhi chiusi in particolare, che emergono le analogie col mondo dostoevskiano: la trama ruota attorno a Pietro che vive in un podere, sottomesso a un padre burbero e manesco.

Pietro ha un’interiorita compressa, il titolo stabilisce questo punto di rottura con un reale che viene negato e rifiutato. il suo vedere a occhi chiusi e una sorta di analogo del mondo visionario del sognatore dostoevskiano che, come Pietro, non affronta il mondo ma lo elude e si perde in fantasticherie. Anche l’amore con Ghisola una prorompente ragazza, risente di questa inadeguatezza alla vita, esattamente come il sognatore dell’omonimo racconto dostoevskiano. Ma cio che e davvero dostoevskiano in questo romanzo e anzitutto il ritmo: frammentario e per illuminazioni. Il vissuto visionario fatto Pietro che si puo riassumere nella celebre frase di Tozzi: “a me interessa il racconto di un qualsiasi misterioso atto nostro”, e in fondo una di quelle tappe alla ricerca dell’uomo e delle sue misteriose inquietudini che hanno sicuramente in Dostoevskij un preciso riferimento.

Il mondo di Tozzi e ancora un mondo di umiliati e offesi che non cercano un riscatto ma che affondano quasi con volutta nella loro miseria come “animali tormentati”, per citare lo stesso Tozzi; a proposito di animali in un brano di Con gli occhi chiusi e il momento in cui Pietro in procinto di chiedere in sposa Ghisola scopre tramite una lettera anonima che in realta lei fa la prostituta a Firenze.

Tozzi usa la metafora del topo dice infatti “torna indietro come un topo mezzo schiacciato dal colpo avuto”. Questa similitudine e la figura del topo e spesso utilizzata da Dostoevskij in situazioni di degrado e deturpazione, laddove si insinua un senso di turpitudine connessa ad un’azione accennata o non ancora compiuta. Questo dell’animalita e del resto un aspetto comune sia a Tozzi (che lo sviluppo in Bestie) che a Dostoevskij seppure con dei significati e delle finalita opposte. Il tema della sofferenza innocente sembra spesso associato alla figura della cavallina frustata negli occhi che appare in sogno a Raskol’nikov e insetti come topi o ragni compaiono accanto a personaggi del male come Stravroghin ne I demoni.

Come prima accennato, un caso particolare di debito dostoevskiano e quello che si configura per lo scrittore Carlo Emilio Gadda. Le prime considerazioni sull’autore russo risalgono agli anni ‘20, mentre si dedicava alla redazione del Racconto italiano di ignoto del Novecento.[ 1] Negli stessi anni legge L ’idiota e I Karamazov, mostrandosi pronto ad accogliere le questioni etico filosofiche e letterarie che caratterizzano i romanzi maggiori di F.M. Dostoevskij. in particolare, I’Idiota sembra colpire la sensibilita di Gadda a tal punto da considerarlo un modello letterario imprescindibile.

In questo periodo, segnatamente nel 1926 in un corsivo di Solaria Dostoevskij viene riabilitato dalla visione sentimentale estenuata dei primi anni del secolo e rivisitato alla luce della grande lezione di stile, idea, altezza di pensiero: aspetti che Bachtin racchiude nella formula romanzo polifonico, ma che e una questione aperta e complessa su cui la critica non ha concluso il suo dibattito. [2] E pertanto nel campo del “poetico” intesa come insieme di regole compositive che Gadda individua - e qui sta l’originalita della sua posizione- in Dostoevskij un modello di riferimento per sciogliere o problematizzare il nodo letteratura e vita nel solco segnato dal russo: letteratura come luogo di autentica verita sull’esistenza, senza consolazioni o filtri deformanti.

Per concludere, passero in rassegna degli autori che hanno preso in prestito o comunque hanno sviluppato dei temi che riprendono un altro aspetto della psicologia dostoevskiana e cioe quello dell’eros e della relazione sentimentale. Sono in qualche modo autori che hanno scritto della crisi irreversibile del mondo borghese e dei suoi rituali : Piovene, Soldati e Moravia.

Vale la pena soffermarsi sull’aspetto centrale dell’impalcatura psicologica dell’ amore in Dostoevskij: e stato Rend Girard nel suo saggio Dal doppio all’unita a descrivere con estrema precisione il meccanismo che sottende alla relazione sentimentale; esso si regge fondamentalmente sulla triangolazione e sull’umiliazione masochista che Girard fa derivare in buona parte dalla biografia dostoevskiana.

“E chiaro che tutti questi amori non nascono che dall’ostacolo frapposto da un terzo, e che non sussistono se non attraverso di lui. Presto 1’oggetto della contesa non appare piu che come un semplice pretesto e i due rivali, o le due rivali, rimangono soli faccia a faccia” . [5]

Questo schema e particolarmente evidente nel racconto Eterno marito in cui Dostoevskij la storia di Pavel Pavlovic Trusockij un notabile di provincia che dopo la morte della moglie decide di partire per Pietroburgo per passare in rassegna tutti gli amanti della moglie. Ne individua uno, Velcanivov sul quale vuole ordire una vendetta. Si innamora di una ragazza e decide di sposarla e coinvolge Velcanicov e insieme l’eterno marito e l’eterno amante vanno a comperare l’anello per la sposa. Durante una riunione a casa Velcanicov ripete la sua parte di seduttore e riesce a rovinare il matrimonio di Trusockij. L’umiliazione che era stata ordita masochisticamente dal marito ferito, si e cosi compiuta.

Altrove, come nei Karamazov o in Umiliati e offesi si giunge esasperazioni e a rivalita tra padre e figlio per la stessa donna o di due donne per lo stesso uomo ed e il caso di Nastas’ja Filippovna e Aglaia Epancina ne L ’Idiota.

L’amore cosi tormentato e caratterizzato dal triangolo e da certe esasperazioni carnali e ad esempio un elemento fondativo del romanzo di Soldati. Ritroviamo questa tensione nelle Lettere da Capri un romanzo sul triangolo amoroso, sulla dicotomia tra eros e passione carnale e dovere famigliare, paternita, un dissidio che non mai risolto e che riamane, come dice Garboli, sadianamente in tensione.

L’amore di Henry per Dorothea, l’amante che viene rubricate in riflessioni chiaroscurali, sono passaggi che mi pare si nutrano di un certo debito dostoevskiano : «Ma e la legge della vita che tutto si paghi; che ad ogni altezza corrisponda una bassezza; che agli affetti piu divini si alternino inesorabilmente quelli piu bestiali». Tale atmosfera, tipica degli slanci affettivi ed emotivi di alcuni luoghi dostoevskiani, non soltanto pertinenti alla sfera erotica ma piu ampiamente riferibili a quella interpersonale incarna l’essenza del mondo karamazoviano, fatto di contrasti stridenti come quelli incarnati dall’ideale di Sodoma e della Madonna; ma che puo essere riferito anche a personaggi duplici come il principe Myskin attratto da due donne che incarnano una complementarita chiaroscurale.

Ritornando al romanzo di Soldati, morta Jane, Harry non vuole portare a vivere con se Dorothea negli Stati Uniti. Sa gia che, se cio avvenisse, la perderebbe senz’altro e per sempre non la desidererebbe piu. Perchd avere qualcosa nella sicurezza e nella pace di uno scontato possesso, quanto alla metafisica amorosa di Soldati, equivale esattamente a perderla: questo e esattamente il racconto della biografia dostoevskiana e precisamente quando lo scrittore si innamora della prima moglie Maria Dmitrievna, sposa del suo migliore amico e vagheggiata anzi desiderata violentemente, sposata, per poi perdere quasi totalmente l’interesse quando si trova nella routine familiare.L’esperienza dello sdoppiamento sadomasochistico che ho gia delineato in Dostoevskij si ripete parallelamente in Soldati che e scisso tra la componente malefica dell’eros e quella quieta della pace familiare .

Altre latitudini furono invece esplorate da Piovene nel suo romanzo Le stelle fredde del 1970.

La citazione dostoevskiana e esplicita: un redivivo Dostoevskij irrompe tra le pagine del romanzo candidato al premio Strega nel 1970:

“Era barbuto ma, benchd il suo viso fosse di vecchio, la sua barba non era grigia . Il vestito, borghese ma trasandato, mi sembro di una foggia un po' diversa dal comune , soprattutto perchd la giacca giungeva fino a meta gamba. Ma poteva essere il vestito smesso di un uomo di statura superiore alla sua. Non aveva cravatta, ed era sporco di fanghiglia, sebbene il terreno su cui sedeva fosse secco. Pareva proprio uscito dalla grotta umida aperta nel muro alle sue spalle. In un primo momento il suo sguardo mi fece pensare a un idiota girovago, di quelli che si trovano nelle campagne e vivono di carita. Pronuncio d’improvviso qualche parola incomprensibile. Io guardai il mio compagno, e il mio compagno guardo me; pensai nuovamente: E un idiota’. Ma l’uomo disse subito in tono civile: “Moi nom est Dostoevskij”. [10]

Il riferimento al mondo dei morti e al rovesciamento di prospettiva, bachtinianamente carnevalesco, apparentano questo racconto al Bobok di Dostoevskij, apparso nel Diario di uno scrittore del 1873. In questa vita di mezzo, dove morti e vivi si confondono Dostoevskij appare come una sorta di nume tutelare che rischiara la fallacia delle visioni: l’incontro tra Dostoevskij riporta i vivi morti (appartenenti ad un mondo umbratile, quello dei vivi che sono morti interiormente) a confrontarsi con i morti vivi, in un confronto tra memoria passato e futuro in cui le leggi della natura non sono piu necessarie. In una terra di mezzo abitata da spettri e voci narranti, quasi forme letterarie sopravvissute alla macchina del tempo, Dostoevskij e un Altro che e disceso a esercitare un’ironia fredda, misurata, fuori da ogni plausibilita realistica. Ne deriva una grande riflessione esistenziale su temi come la fede, il senso della vita, il contrasto tra istinto e ragione.

Altro interessante caso, quello di Moravia che con gli Indifferenti (1929) rompe con la tradizione anti-narrativa dei vociani e mostra di sapere utilizzare alcuni moduli dostoevskiani con la precisione di un rasoio. [ ] L’incipit del romanzo vede la giovane Carla, madre di Mariagrazia in salotto con il compagno della madre, Leo. Egli tenta di sedurre la ragazza e di aggirarla con un serie di complimenti beffardi ma tra le righe e non solo si capisce che la sua intenzione e chiaramente di concupirla sessualmente.

Questa scena ricorda nel tono, nelle azioni, nelle microvariazioni e nei gesti molte delle azioni di raggiro dei laidi personaggi dostoevskiani nei confronti di giovani ragazze, spesso poco piu che bambine. In particolare, l’uso dell’ espressione bella bambina, e altri simili vezzeggiativi, ricordano il linguaggio ambiguo con cui ad esempio Svidrigailov in Delitto e Castigo, un vecchio proprietario terrieri che chiede in sposa a una coppia di poveri contadini la loro bambina, si rivolge con lo stesso tono e con la stessa modalita alla ragazzina, paragonandola addirittura al volto della Madonna Sistina.

Altro indimenticabile esempio di raggiro sessuale e quello contenuto nel romanzo I demoni di Dostoevskij dove Stavrogin stupra una ragazzina di undici anni Matresa, attirandola con uno stratagemma psicologico di sottomissione e gioco.

Il rasoio di Moravia sembra ripercorrere la crudezza di queste immagini dostoevskiane con la differenza che il delitto sessuale in Dostoevskij ha una sua precisa collocazione metafisica (il delitto innocente e la piu alta sfida contro il divino) mentre in Moravia chiaramente e un’ azione spia del degrado morale e della debacle della rispettabilita borghese.

Sempre nello stesso romanzo, Michele, il figlio di Mariagrazia tenta di liberarsi del viscido amante della madre Leo tentando di sparargli, ma dimentica di caricare la rivoltella, una scena che e un calco di quella che si legge nell’Idiota quando Ippolit fallisce il suicidio proprio per la tessa dimenticanza. E d’obbligo citare Eurialo de Michelis che vede la presenza dostoevskiana piu massiccia nelle Ambizioni sbagliate nel 1935: il decaduto professore, la disperata Andreina, corrotta sin dalla tenera giovinezza, le doppie confessioni, tutti elementi che concorrono a farne un testo di ispirazione dostoevskiana. [3].

Sembra che anche La noia contenga elementi di chiara ispirazione dostoevskiana laddove: “Nel momento in cui e tradito da Cecilia, pero, Dino pensa di riconquistarla assecondando proprio quello stesso meccanismo che sta alla base della noia, specie nel contesto della societa italiana del boom economico: le da del denaro, e gliene offre sempre di piu. [7]

Da una parte, questa dinamica di seduzione ricorda le pagine dell’Idiota del Dostoevskij per Moravia decisivo- in cui Nastasja, nel giorno del suo compleanno, viene offesa dai tentativi dei suoi pretendenti di “mercanteggiarla” (ma anche molti intrecci dei romanzi francesi di Balzac e Zola). A differenza di Myskin, pero, che vorrebbe salvare la donna in virtu del proprio nobile sentimento, Dino incoraggia questa tendenza al consumo portando all’esasperazione l’uso del denaro”.

Tra i coetanei di Moravia e sensibili a queste suggestioni non si puo non nominare Tommaso Landolfi, che con il mondo russo ha sempre intrattenuto un rapporto stretto, traduttore di Dostoevskij, Gogol’ e altri, scrive il racconto La muta, contenuto nella raccolta Tre racconti del 1964 che ricalca La mite nella trama (con un gioco di allitterazione lei e muta, quindi sorda, unica differenza) e che riproduce il monologo ossessivo del marito e i suoi tormenti.

Un autore che e stato dostoevskiano non dichiarato e Leonardo Sciascia. In una celebre intervista questi risponde ad Ambroise “di considerare Dostoevskij un grande scrittore ma di non amarlo”. Ho tuttavia ravvisato, specialmente nei romanzi degli anni ’70 una certa propensione per un’indagine sul male, sulla fede, sulla colpa e sul peccato che non si fa fatica a definire dostoevskiane nella loro essenza. [9]

I romanzi che risentono di suggestioni, rimandi, o citazioni vere e proprie sono : Candido, ovvero un sogno fatto in Sicilia, Todo Modo e il Contesto.

Dostoevskij, o meglio un personaggio dostoevskiano viene citato in Candido, si tratta di Foma Fomic un personaggio del romanzo umoristico Il villaggio di Stepancikovo e i suoi abitanti. Foma diventa una sorta di ironico richiamo al Carneade di manzoniana memoria. Nel romanzo del russo e un parassita, ex funzionario che spadroneggia con la sua cultura tartufesca su una nobile famiglia di provincia. Sciascia recupera il sottotesto ironico e grottesco del personaggio per irridere i capi di partito che talvolta arringavano con formule altisonanti la folla e che risultavano come Foma, dei buffoni al servizio del potere. Lo stesso Candido presenta delle analogie con il principe Myskin: un candore innato, una sorta di atavica inadeguatezza alla vita “normale”, alcuni riferimenti cristologici: Candido e nato in una grotta, appare come una sorta di salvatore delle sorti di una Sicilia corrotta e inabissata nei giochi di potere.

E nel romanzo Il Contesto che la comparazione con il mondo dostoevskiano diventa piu cogente: Partendo da un gancio intertestuale e cioe il fatto che uno degli indagati degli omicidi che sconvolgono una cittadina di provincia abbia al suo comodino il libro dei Fratelli Karamazov, ho iniziato un percorso di lettura comparata dei testi ravvisando un dialogo a maglie strette tra Raskolnikov di Delitto e Castigo e il commissario del Contesto di Sciascia . Dialogo che ha portato inevitabilmente al tema della giustizia e del delitto nel romanzo dei Karamazov. [1; 9]

Il tema del delitto, e in generale nel meccanismo della detection, innescano non solo il groviglio psicologico del castigo interiore, ma domande sul senso della verita, della liberta e della responsabilita dell’uomo, un viaggio nel sottosuolo come regno del libero arbitrio totale che in Sciascia assume un ritmo piu modulato e parodico (lo stesso Contesto nasce come parodia e come apologo sul potere) e in Dostoevskij chiaramente un’altezza di pensiero che chiama in causa il tema cardine, quello della liberta originaria che Berdjajev ha individuato come nucleo principale della metafisica.

Ho cercato di mettere in luce le relazioni che si intrattengono tra i due autori sul filo del tema: il dialogo tra Riches si concentra sul problema delle falle giudiziarie. Ben presto Riches manifesta il suo pensiero: egli intende confutare il trattato sulla tolleranza di Voltaire, e con esso distruggere il concetto di amministrazione della giustizia che da pratica di ricerca della verita, diviene farsa ad uso e consumo della massa. Qui l’errore giudiziario e il tassello sbagliato di un meccanismo che deve essere smantellato alla base: la gente deve credere che la giustizia abbia avuto compimento, quasi come un miracolo, come atto di fede. Si comprende allora qui come l’opacita del discorso di Riches rimandi- sotto forma di parodia - a quell’immenso capitolo del Grande Inquisitore che rinnega Cristo e si ripromette di sedurre la massa con la promessa di pane e felicita a prezzo di una fallace liberta. In entrambi i casi e l’uomo che demanda a un Potere superiore la possibilita di essere uomo libero nel pensiero e di agire criticamente. Poi il fatto che non vi sia un esito chiaro e che non si giunga a dipanare la matassa del delitto (Cres in prima istanza e stato condannato ingiustamente, Il processo a Dmitrij Karamazov diventa una tortura psicologica senza esito), produce l’effetto di rinforzare il senso della fragilita della verita e della ragione, altro grande tema dei romanzi presi in esame.

E in Todo modo, seconda ideale tappa di questo percorso, che Sciascia approfondisce le interrogazioni e le istanze che animano le pagine di questo intenso periodo letterario: Don Gaetano rappresenta la chiave di volta di un pensiero che si incunea come un chiodo tra la regione della terra e quelle del cielo. L’adagio dostoevskiano “[se Dio non esiste], tutto e permesso”, torna rovesciato rispetto alla formulazione originale: e un Dio che si nasconde quello che abita le parole del religioso: “Dio esiste, dunque tutto e permesso”.

Se a Sciascia manca infatti la propensione all’abisso che e tipica del russo, rimane nel romanzo Todo modo un’ansia di fondo, che e quella pascaliana, del dio che si nasconde, eppure si cerca, tra gli affanni, le domande. E non e la scelta laica a uscire vincitrice nella diatriba tra la luce e la tenebra, tra la terra e il cielo: il pittore uccide Don Gaetano, si ferma cioe di fronte a quella soglia che sara tutta dostoevskiana:

E stato detto che il razionalismo di Voltaire ha uno sfondo teologico incommensurabile all’uomo quanto quello di Pascal. Io direi anche che il candore di Candide vale esattamente quanto lo spavento di Pascal, se non e addirittura la stessa cosa. Solo che Candide trovava finalmente un proprio giardino da coltivare.

“L’esodo da Dio e una marcia verso Dio”, si legge ancora nel romanzo. In questa formula che sintetizza la ‘teologia laica’ di Sciascia, si puo leggere la spiritualita di Sciascia, mi piace definirla cost, che e in definitiva l’esito di una vita morale, di “un uomo con dei principi in un paese senza principi” per dirla con Rogas. In questo senso il lascito pascaliano e molto piu consono a comprendere l’orizzonte di questa fede nel Dio che sta nascosto, nel Dio lontano dalle chiese terrene, di ogni tipo, e l’adesione a una visione morale, di integrita intellettuale. E poi questa formula di Todo modo fun altro romanzo fitto di riferimenti dostoevskiani) riprende in maniera quasi letterale una affermazione di Dostoevskij contenuta nel romanzo i Demoni, che l’autore russo incentra sul tema dell’ateismo su base ideologica, quello dei nichilisti: “L’ateo assoluto sta nel penultimo gradino della fede perfetta”. Sciascia ribadisce cost una tradizione di pensiero che sebbene laica e materialista non ha mai rifiutato il confronto col divino e con la dimensione metafisica.

 

References

  1. Adamo S. Gadda e Dostoevskij // The Edinburgh Journal of Gadda studies. 2004. URL: https://www.gadda.ed.ac.uk/Pages/journal/supp3atti1/articles/adamconf1.php (дата обращения: 17.04.2021)
  2. Bachtin M. Dostoevskij. Poetica e stilistica. 2002. T.: Giulio Einaudi Editore. 335 p
  3. Bertoni C. Alberto Moravia. L’attenzione inesauribile. 2018. M.: AlboVersorio. 198 p.
  4. Dostoevskij F.M. Il sosia. 2003. M.: Feltrinelli. 240 p.
  5. Dostoevskij F.M. La mite. 2011. M.: Mondadori. 175 p.
  6. Girard R. Dostoevskij dal doppio all’unità. 1987. M.: Se. 114 p.
  7. Graciotti S. Dostoevskij nella letteratura italiana in Dostoevskij e la coscienza d’oggi. 1981. F.: Sansoni. P.163-196
  8. Kasatkina T. Dostoevskij. Il sacro nel profane. 2012. M.: RCS. 175 p.
  9. Nocera A. Angeli sigillati. I bambini e la sofferenza nell’opera di F.M. Dostoevskij. 2010. M.: Franco Angeli. 158 p.
  10. Nocera A. Metafisica del sottosuolo. Biologia della verità fra Sciascia e Dostoevskij. 2020. M.: Divergenze. 45 p.
  11. Piovene G. Le stelle fredde. 2017. M.: Bompiani. 195 p.
  12. Steiner G. Tolstoj o Dostoevskij. 2010. M.: Garzanti. P. 72.

Information About the Authors

Antonina Nocera, PhD in Culture, member of the Association "Philosophy in Motion", curator of the project "L'altro Dostoevsky", dedicated to the 200th anniversary of the birth of the writer, University of Palermo, Italy, ORCID: https://orcid.org/0000-0002-2517-2701, e-mail: nocera.anto@gmail.com

Metrics

Views

Total: 377
Previous month: 8
Current month: 3

Downloads

Total: 82
Previous month: 0
Current month: 0