Когда светит солнце, это почти рай

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Аннотация

В статье описаны посещения Фёдором Михайловичем Достоевским Италии. Федор Михайлович трижды был в Италии. Впервые в 1862 году после посещения Парижа и Лондона он в Зимних записках о летних впечатлениях рассказывает о буржуазных нравах, подвергая их тщательному анализу. Достоевский не был обычным туристом: он интересовался историей страны, итальянской политикой, национально-освободительными движениями, борьбой за объединение. Он был большим поклонником Гарибальди. Второй раз он посетил Италию вместе со своей большой любовью Аполлинарией Сусловой в 1863 году. Третий раз он прибыл в Италию в 1868 году после свадьбы с Анной в 1867 году, они решили перебраться в Европу, дабы избежать тюремного заключения Достоевского Ф.М. за долги, а также, чтобы защитить Анну от семейного гнета. Достоевский Ф.М. был очарован итальянской живописью, в его сочинениях в связи с этим можно заметить присутствие итальянского искусства в целом и особенно впечатления от работ Рафаэля.

Общая информация

Ключевые слова: Ф.М. Достоевский, Италия, литературные произведения, тоска по Родине

Рубрика издания: Мировая литература. Текстология

DOI: https://doi.org/10.17759/langt.2021080108

Для цитаты: Супино В. Когда светит солнце, это почти рай [Электронный ресурс] // Язык и текст. 2021. Том 8. № 1. С. 69–75. DOI: 10.17759/langt.2021080108

Полный текст

Cosi scrive Dostoevskij da Firenze nel 1868, quando per la seconda volta vi soggiorna con Anna. Asserzione tanto piu importante che lo scrittore di solito critica duramente i paesi e i popoli occidentali. Dostoevskij si reca tre volte in Italia. Una prima volta nel 1862 dopo aver visitato Parigi e Londra che, in Note invernali su impressioni estive[1], fustiga sia per i costumi specialmente quelli borghesi, sia per gli abitanti che disprezza al massimo e ridicolizza per pagine e pagine.

Definisce Parigi meravigliosa dal punto di vista architettonico ma il parigino pensa solo ad «accumulare una fortuna e a possedere la maggior quantita possibile di cose», e superficiale, falso, vanesio e adora l’eloquenza.

A Londra e colpito dai quartieri popolari con i suoi abitanti mezzi nudi «selvaggi e affamati» proprio come li aveva descritti Dickens! Ed e scandalizzato dai preti anglicani: molto colti, ma freddi, pedanti, ottusi, pieni di se che predicano una religione estrema, «cupa, arcigna e specialissima» e non pensano mai al dolore, alla poverta, all’abbrutimento delle masse.

Dopo aver visitato queste capitali che gli lasciano un gusto amaro, Dostoevskij decide di partire per l’Italia, paese che ha lungamente sognato di visitare, al quale guarda con simpatia. Chiede al suo amico, il filosofo Strachov, di raggiungerlo a Ginevra e da li, passando per Torino, Genova e Livorno, si recano insieme a Firenze. Si sistemano alla Pensione Suisse, un albergo modesto ma proprio davanti a Palazzo Strozzi dove lo scrittore occupa la camera n°20. Dostoevskij non si interessa molto all’arte; gli piace guardare la folla «Vagando per le strade, egli scrive, mi piace osservare certi passanti del tutto sconosciuti, studiare i loro visi e indovinare chi sono, come vivono, di che cosa si occupano e che cosa li interessa particolarmente in quel dato momento»[2] . Lancia uno sguardo pieno di tenerezza a una donna che allatta un bimbo, a un vecchio che cammina traballando o a una ragazza che cerca di attirare gli sguardi dei giovanotti. Anni dopo Strachov ricordera cosi quel soggiorno: «Le nostre passeggiate attraverso la citta erano molto allegre anche se Fedor Michajlovic trovava che l’Arno assomiglia alla Fontanka; la cosa piu piacevole erano le nostre discussioni al calare della sera con una bottiglia di vino rosso locale».

Tornato a Firenze con la seconda moglie nel 1868, Dostoevskij gli scrive: «Vi ricordate delle serate trascorse a Firenze attorno ad una tavola piena di bottiglie (eravate sempre piu previdente di me: preparavate due bottiglie per la serata mentre io ne prevedevo una sola; finita la mia cominciavamo la vostra; non c’e di che vantarsi). Ciononostante i nostri cinque giorni trascorsi a Firenze erano stati piacevoli»[3].

Ed e durante questo primo e breve soggiorno a Firenze che lo scrittore scopre il Gabinetto Vieusseux dove c’erano non solo i giornali, le gazzette italiane, francesi, inglesi e tedesche, ma anche, a partire dal 1850, i giornali russi: Golos (La Voce), Russkij vestnik (Il Messaggero russo) e perfino Poljarnaja zvezda (La Stella Polare), edito da Herzen a Londra e proibito in Russia. Dai registri del Gabinetto, sappiamo che lo scrittore ha preso in prestito i fascicoli del 1857 e 1858 della rivista Poljarnaja zvezda.

Dostoevskij non e un turista comune: si interessa alla storia del paese, alla politica italiana, ai moti risorgimentali, alia lotta per l’Unificazione. E un grande ammiratore di Garibaldi che raccoglie tutta la sua stima. In Note invernali su impressioni estive, una meditazione, una riflessione sul suo viaggio del 1862 racconta questo episodio:

Durante un pasto alla Pensione Suisse, Dostoevskij sente un francese meravigliarsi che Garibaldi, avendo in deposito venti milioni del governo, non avesse preso nulla per se ma restituito tutto fino all’ultimo centesimo. Questa osservazione rivelatrice della sua disonesta, lo fa montare su tutte le furie e pensa: «E che sarebbe stato, fratello, se al posto di Garibaldi ti ci fossi trovato tu, davanti alle casse del governo!»[4], ma per lo scrittore e anche una maniera di dimostrare la superiorita morale dell’eroe italiano sul vile francese.

Cinque anni dopo, nel 1867, quando Garibaldi si reca a Ginevra per assistere al Congresso per la Pace, viene accolto trionfalmente da un’immensa folla, folla fra cui c’e anche Dostoevskij che vorrebbe incontrarlo. Lo scorge, sulla rue du Mont Blanc e trova che l’eroe italiano ha un aspetto molto simpatico e il sorriso buono.

Visita una 2a volta l’Italia insieme alla sua grande passione Apollinaria Souslova nel 1863. Questa volta si ferma a Roma e Dostoevskij ne rimane talmente colpito che scrive a Strachov:

«Strano: le scrivo da Roma e non le dico una parola sulla citta! Ma cosa potrei dirle, Dio mio! Si puo forse descrivere tutto questo in una lettera? Sono arrivato l’altro ieri notte e ieri mattina sono andato a vedere S. Pietro. Ho provato un’impressione cosi forte, Nikolaj Nikolaevic, che ho sentito un brivido freddo corrermi giu per la schiena. Oggi, ho visitato il Foro con tutte le sue rovine. Poi il Colosseo! Cosa posso dirle...»[5]. Poi i due amanti continuano per Napoli dove lui confessa di provare un tale sentimento di felicita che vorrebbe che questo viaggio non finisse mai. Prima di partire chiede a Apollinarija di sposarlo ma lei non vuole dipendere da nessuno, la vita coniugale non l’attira e litigano a proposito dell’emancipazione femminile. Decidono poi di recarsi a Livorno via mare, ma sullo stesso battello viaggia Herzen con tutta la famiglia. Dostoevskij, uomo di larghe vedute ma pieno di contraddizioni, ha allora un accesso di conformismo, e presenta Apollinarija come una lontana parente! Lei ne rimane offuscata e offesa. «Era molto vago», scrivera, e gli chiede delle spiegazioni che lui elude.

Il terzo soggiorno in Italia e del 1868, quando Dostoevskij, dopo il matrimonio con Anna nel 1867, decide di esiliarsi in Europa, onde evitare la prigione per debiti ma anche per proteggere Anna dalle angherie che la famiglia di lui le faceva subire.

Dopo due giorni trascorsi a Berlino, Dostoevskij si reca a Dresda per vedere la Madonna Sistina di Raffaello che riteneva fosse il capolavoro assoluto della pittura. Ne aveva appesa una riproduzione nel suo studio, proprio sopra il divano dove morira. Cerchiamo di capire perche lo scrittore era tanto affascinato da questo quadro? L’opera e molto originale; rappresenta un’apparizione della Madonna ritratta come un’italiana del popolo vestita semplicemente, scalza, con in braccio il suo bimbo che, come spinta da un venticello, (lo spirito santo?) sembra camminare in direzione del fedele. Vediamo che intorno a Maria, le nuvole sono formate da piccole teste di angeli mentre le nuvole vere sono sotto i suoi piedi. Si tratta di una messa in scena della Rivelazione evangelica: si apre un sipario e cio che era nascosto viene rivelato. Se esaminiamo attentamente il dipinto, vediamo che e composto da tre piani: in alto c’e Maria, una figura a temporale, che con lo sguardo sembra abbracciare tutta l’umanita, sotto ci sono i due santi martiri legati invece alla temporalita; a destra Santa Barbara, a sinistra Papa Sisto II. Nella parte inferiore, poggiata su una sorta di parapetto c’e in un angolo la tiara papale, simbolo del potere terrestre e, nel mezzo, due cherubini che osservano la scena in maniera un po’ scettica: uno di loro sembra incuriosito, l’altro ha un’aria dubitativa e perplessa. E un po’ come se fra questi santi adoranti, facessero capolino i dubbi dello spettatore che sono poi quelli dello scrittore stesso. Ed e forse questa lettura che inconsciamente affascina Dostoevskij, vissuto in un secolo dove la Russia esita fra l’umanesimo occidentale ateo e la tradizione della chiesa ortodossa. Ricordiamoci che in una lettera a Natal’ja Dmitrievna Fonvizina datata fine gennaio/20 febbraio 1854, egli scrive: «Di me, vi posso dire che sono figlio del mio tempo, figlio dell’incredulita e del dubbio (...) che terribile sofferenza mi ha portato e mi porta ancora questa sete di credere; essa si fa ancora piu forte nella mia anima che ho argomenti da opporvisi.»

I Dostoevskij lasciano Dresda per stabilirsi a Ginevra ma anche questa citta e questo popolo non trovano grazie agli occhi di Fedor. Scrive a Sonja :«Ginevra e noiosa, cupa, malinconica, una stupida citta protestante, dall’orrendo clima»[6]. E ancora a Majkov: «Oh, se aveste idea della disonesta, della bassezza, dell’assurda stupidaggine e dell’incredibile ritardo mentale degli Svizzeri! Naturalmente, i Tedeschi sono ancora peggio, ma anche questi non sono mica male!».[7]

Invece, quando nel settembre del 1868, Dostoevskij arriva a Milano, si sente subito a suo agio perche trova che i contadini della Lombardia assomigliano a quelli russi. Vi resta solo due mesi poi decide di stabilirsi a Firenze, allora capitale d’Italia. Appena arrivato, si iscrive subito al Gabinetto Vieusseux dove finalmente puo trovare i giornali russi che tanto gli mancavano a Milano. Contrariamente a sei anni prima, questa volta desidera visitare i palazzi, le chiese e le gallerie d’arte della citta. Rimane estasiato a contemplare il Duomo e il Battistero con le sue porte di bronzo, soprattutto quella detta del Paradiso che lo commuove particolarmente e, afferma, che se le riproduzioni fossero meno care ne acquisterebbe una cosi da poterla contemplare a piacere.

A Firenze, Dostoevskij frequenta molto le chiese dove sono esposte tante opere d’arte e forse, nonostante il suo ostracismo per il cattolicesimo, ne rimane in qualche modo affascinato. Forse, con i suoi riti e i suoi fasti lo sente piu affine all’ortodossia russa dell’austero protestantesimo che ha visto a Londra. Potrebbe questo spiegare la sua richiesta di una messa e poi di una benedizione a un prete cattolico come fece durante il suo soggiorno fiorentino?[8] Oserei dire che il suo amore per Cristo che si e sacrificato per l’umanita tutta intera, gli permette di scavalcare qualsiasi dogma o limite della sua religione per immergersi in un sentimento mistico universale che unifica tutti i credenti. Non afferma in una lettera a Natal’ja Fonvizina che se dovesse scegliere fra la verita e il Cristo sceglierebbe Cristo?

Scrive a Majkov: «Firenze e bella ma troppo umida. Le rose fioriscono ancora all’aperto, nei giardini di Boboli. E che tesori ci sono nelle Gallerie! Dio mio, nel ’63, non avevo notato La Madonna della seggiola; durante tutta una settimana l’avevo guardata e solo ora l’ho vista. Quante cose meravigliose ci sono ancora, oltre questo quadro.»[9]

Firenze e forse l’unica citta europea della quale Dostoevskij conserva un piacevole ricordo. «Quando splende il sole, e quasi il paradiso»[10], scrive, ma la nostalgia della Russia non gli da requie. E, quando inizia la calura estiva che lui non sopporta, diventa insofferente alla citta, a tutto cio che lo circonda e decide di lasciare Firenze per stabilirsi a Dresda.

Si ferma a Bologna per vedere la Santa Cecilia di Raffaello. Continua per Venezia dove rimane affascinato dalla laguna, dai monumenti e puo restare ore a guardare l’angelo d’oro del campanile di San Marco, i mosaici della Basilica o i soffitti dipinti del Palazzo Ducale. Le cupole dorate devono probabilmente ricordargli la sua cara Russia e questo lo commuove. A lui piace passeggiare, guardare le vetrine, andare per le calli dove si svolge la vita quotidiana e dove puo osservare il buon popolo che lavora e trovare cosi ispirazione per i suoi romanzi.

Da Dresda, scrive a Sonja a proposito del soggiorno fiorentino: «Sembra che l’aria calda e secca fosse indicata per me salutare per i nervi e perfino per il mio mal caduco che si era attenuato in piena calura; in genere i miei attacchi non erano molto forti a Firenze. Adesso invece sto sempre male».[11]

Che ruolo ha ricoperto la cultura italiana nell’opera dello scrittore russo? Sappiamo che e stato fortemente impressionato dalla pittura e a varie riprese notiamo nei suoi scritti la presenza dell’arte in generale e, come abbiamo gia detto, di Raffaello in particolare.

La musica di Verdi l’a sicuramente influenzato. Anna racconta che a Pietroburgo, Fedor amava ascoltare un musicante che veniva a suonare l’aria del Rigoletto “La donna e mobile” sotto le loro finestre e lui gli gettava sempre una moneta.

Nell’Idiota si puo trovare nel personaggio di Nastas’ja qualche similitudine con La Signora delle Camelie di Dumas, e ancora di piu con la messa in scena di Verdi ne La Traviata in particolare per i due ricevimenti all’inizio, quello di Violetta e quello di Nastas’ja.

E Dante? Nel 1868, quando Dostoevskij si trovava a Firenze non c’erano sparse per la citta le lapidi con i versi della Divina Commedia che furono affisse nel 1900, ma il poeta era onnipresente: c’era la tomba, (anche se vuota), costruita nel 1829 nella Basilica di Santa Croce, l’imponente statua posta davanti alla Chiesa stessa, realizzata nel 1865, l’affresco in Duomo, il ponte Santa Trinita dove la leggenda dice che abbia incontrato Beatrice. Il poeta era morto esattamente 500 anni prima della sua nascita, (nel 1321, alla fine del medioevo, mentre Dostoevskij nasce nel 1821 quando inizia il pensiero rivoluzionario,) ma ambedue avevano una visione apocalittica e globale del mondo ed erano affascinati dalla bonta suprema come dalla piu oscura malvagita.

Dostoevskij, che tra l’altro si considerava «piu un poeta che un romanziere», aveva quasi sicuramente letto la Divina Commedia, di cui alcuni frammenti dell'Inferno erano gia stati tradotti in russo nel 1843 da Dmitrij Min e l'intera cantica nel 1855.[12] Ma avrebbe potuto leggerla in francese, in tedesco e forse anche in italiano che lui non parlava ma probabilmente comprendeva e leggeva. In ogni caso conosceva l’opera poiche gia nel 1862, nell’introduzione russa di Notre-Dame de Paris di Hugo, lo scrittore riconosce l’importanza di Dante per la cultura mondiale e auspica che una qualche grande opera d’arte futura riesca ad «esprimere le aspirazioni e i tratti del proprio tempo con la stessa pienezza ed assolutezza con cui, per esempio, la Divina Commedia espresse la propria epoca di credenze ed ideali cattolici.» Forse e il modello che vorrebbe imitare quando durante il suo soggiorno fiorentino matura il progetto di un romanzo epico sull’Ateismo, la storia di un peccatore che si redime e passa cosi dall’inferno del peccato al paradiso della fede. Scrive a Majkov:

«Ho ora in mente un enorme romanzo dal titolo L ’Ateismo (.) Il personaggio sarebbe un russo di mezza eta[13] che, improvvisamente (...) perde la fede in Dio (...) E ossessionato dalle nuove generazioni, gli atei, gli Slavi e gli Europei, i fanatici e gli eremiti russi, i preti; tra l’altro si fa intrappolare da un polacco, un missionario gesuita, fugge da lui per cadere nell’abisso della setta dei flagellati e, alla fine, trova Cristo e la terra russa, il Cristo russo e il Dio russo.»[14] In questo romanzo, scrive, vorrebbe approfondire al massimo il sentimento profondo dell’uomo e particolarmente dell’uomo russo, un’arte nella quale lo scrittore eccelle; le sfaccettature, le ambivalenze dei suoi personaggi e cio che li rende grandiosi e le sue descrizioni dell’animo umano anticipano le scoperte psicanalitiche. Nietzsche dira di lui: « E l’unico dal quale ho imparato qualcosa in psicologia.»

Per finire, si potrebbe pensare che Dostoevskij si sia sentito vicino a Dante per la costante nostalgia della propria terra, nostalgia che accomuna questi due grandi esiliati, l’uno bandito da Firenze, l’altro esiliato a Firenze. E ci si potrebbe chiedere se lo scrittore russo quando scrive:

«Ho fatto male a partire per l’estero; sarebbe stato meglio andare in prigione per debiti»[15] avrebbe potuto far suoi i versi di Dante: « ...Come sa di sale/ lo pane altrui, e come e duro calle/ lo scendere e ‘l salir per l’altrui scale. »[16].


[1] DOSTOEVSKIJ, Note invernali su impressioni estive, traduzione di Serena Prina, Milano, Feltrinelli, 2008.

[2] DOSTOEVSKIJ, Diario di uno scrittore, Firenze, Sansoni editore, 1981, p. 167.

[3] Lettera del 12/24 dicembre 1868.

[4] DOSTOEVSKIJ, Note invernali ..., op. cit., p. 80.

[5] Lettera a Strachov del 18/30 settembre 1863.

[6] Lettera a Sonja del 1/13 gennaio 1868.

[7] Lettera a Majkov del 22 giugno/4 luglio 1868.

[8] V.Supino: I soggiorni di Dostoevskij in Europa e la loro influenza sulla sua opera, ed.Logisma Firenze, 2017.

[9] Lettera a Majkov del 11/23 dicembre 1868.

[10] Lettera a Sonja del 25 gennaio/6 febbraio 1869.

[11] Lettera a Sonja del 29 agosto/10 settembre 1869.

[12] Le traduzioni del Purgatorio e del Paradiso furono invece pubblicate postume nel 1907.

[13] Incipit della Divina Commedia: Nel mezzo del cammin di nostra vita...

[14] Lettera a Majkov dell’11/23 dicembre 1868.

[15] Ibid

[16] Paradiso., XVII, 58-60.

Литература

  1. Алигиери Д. Божественная комедия. Ад / пер. Д. Е. Мина. 1902. СПб.: Изд. А. С. Суворина, 436 с.
  2. Алигиери Д. Божественная комедия. Чистилище / пер. Д. Е. Мина. 1902. СПб.: Изд. А. С. Суворина, 436 с.
  3. Алигиери Д. Божественная комедия. Рай / пер. Д. Е. Мина. 1904. СПб.: Изд. А. С. Суворина, 436 с.
  4. Достоевский Ф.М. Полное собрание сочинений: В 30 т. Т. 28. Публицистика и письма. Письма, 1860-1868. 1985. Л.: Наука, 616 с.
  5. Достоевский Ф.М. Полное собрание сочинений: В 30 т. Т. 29. Публицистика и письма. Письма, 1869-1874. 1986. Л.: Наука, 573 с.
  6. Захаров В.Н. Судебный розыск Достоевского летом 1871 г. // Достоевский и мировая культура. Альманах № 29. 2012. СПб.: Серебряный век, С. 276–277
  7. Прожогин Н.П. Достоевский во Флоренции // Иностранная литература. 1981. № 8. С. 237–244.
  8. Прожогин Н.П. Достоевский во Флоренции в 1868–1869 гг. // Достоевский. Материалы и исследования. Т. 5. 1983. Л.: Наука, С. 204–208.
  9. Фридлендер Г.М. Достоевский. Материалы и исследования. Том 4. 1980. Л.: Наука, 288 с.
  10. Alighieri D. La Divina Commedia. 2010. R.: Book on Demand Ltd, 272 p
  11. Dostoevskij F.M. Note invernali su impressioni estive. 1993. M.: Feltrinelli, 105 p.
  12. Dostoevskij F.M. Opere. Diario di uno scrittore. 1963. F.: Sansoni, 1402 p.
  13. Supino V. I soggiorni di Dostoevskij in Europa e la loro influenza sulla sua opera. 2017. F.: LoGisma, 134 p.
  14. Supino V. Nuove scoperte sulle dimore fiorentine di Dostoevskij // Antologia Vieusseux, nuova serie. 2016. Vol. 22. № 66. Pp. 21–31. DOI: 10.1400/250179

Информация об авторах

Супино Валентина, профессор, психиатр и психоаналитик, независимый исследователь архивов Достоевского, Париж, Франция, ORCID: https://orcid.org/0000-0003-3652-9072, e-mail: valentina.supino@wanadoo.fr

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